martedì 21 novembre 2017

La motivazione intrinseca

L'apprendimento è molto condizionato dalla motivazione, che può essere intrinseca o estrinseca.
Vi sono situazioni nelle quali la motivazione dell'apprendimento è il premio o la ricompensa. Quest'ultima è definita dai comportamentisti di "rinforzo". In questo caso si tratta di motivazione intrinseca.
Essa è costituita dalla curiosità, ossia uno stimolo nei processi di apprendimento ma è anche un bisogno della mente. In altri casi è il piacere che si prova nel fare qualcosa.
Sul ruolo della motivazione intrinseca, Harry Harlow fece alcuni esperimenti su delle scimmie. Le scimmie premiate con dosi di cibo ottenevano risultati minori rispetto alle scimmie che non ricevevano nessuna dose, ed eseguivano il rompicapo o il puzzle per puro piacere.
Questo esperimento dimostra come i rinforzi "uccidono" la motivazione intrinseca. 

Fonte: Libro scolastico "EducataMENTE"

Dare un significato alla vita scolastica

Un alunno che confida in se stesso (attribuzione interna), si affiderà allo studio per avere buoni voti a scuola. Un alunno che invece non crede in se stesso, cercherà l'aiuto dei compagni o nei suggerimenti degli insegnanti.
Quindi percepiamo che lo stile di attributivo è fondamentale: chi è abituato a contare su se stesso andrà meglio a scuola. E ciò è definito self-serving bias, cioè inclinazione su se stessi.  

Con una suggestiva espressione lo studioso statunitense Robert K. Merton chiama profezia che si auto realizza l'aspettativa dell'insegnante (positiva o negativa) che influisce sul rendimento dello studente, perché questi si adeguerà  a quanto pensa l'insegnate.
Una forma analoga di influenza si verifica nel cosiddetto fenomeno Pigmalione: il bambino interiorizzerà il giudizio e si comporterà di conseguenza; si instaura così un circolo vizioso per cui il bambino tenderà a divenire nel tempo proprio come l'insegnante lo aveva immaginato.



Fonte: Libro scolastico "educataMENTE"
Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Effetto_Pigmalione 

sabato 18 novembre 2017

Dare un significato a ciò che accade

A determinare il comportamento non sono solo le nostre motivazioni, ma anche le nostre spiegazioni; chiamate attribuzioni è sono ragionamenti su rapporti tra ambiente ed eventi.
Ci sono varie teorie su queste nostre attribuzioni, le loro complessità e gli effetti sul nostro comportamento. Lo psicologo austriaco Fritz Heider ha distinto due forme di attribuzione sulla base della localizzazione della causa:

  • attribuzione interna: attribuire a se stessi la colpa di ciò che avviene; che può avere valenza sia negativa che positiva.
  • attribuzione esterna: attribuire la colpa ad altri soggetti.

A seconda di dove sia collocato il locus control (elaborato da Julius B. Rotter)

l'individuo si sente responsabilizzato o deresponsabilizzato.

Lo psicologo statunitense Bernard Weiner ha individuato tre aspetti fondamentali del processo di attribuzione:
  • internalità, la quale riguarda la collocazione della causa di un certo fenomeno
  • stabilità, ossia il carattere costante o mutevole della causa
  • controllabilità, cioè la possibilità o meno del soggetto di controllare la causa.
Sulla base del tipo di attribuzione, la percezione della stabilità e della controllabilità varia sensibilmente.

Fonte: Libro scolastico "EducataMENTE"

lunedì 13 novembre 2017

La motivazione ad agire

Motivazione, che cos'è?  Essa è l'espressione dei motivi che inducono un individuo a compiere o tendere verso una determinata azione. Da un punto di vista psicologico può essere definita come l'insieme dei fattori dinamici aventi una data origine che spingono il comportamento di un individuo verso una data meta; secondo questa concezione, ogni atto che viene compiuto senza motivazioni rischia di fallire.
La motivazione svolge fondamentalmente due funzioni: attivare e orientare comportamenti specifici. Nel primo caso si fa riferimento alla componente energetica di attivazione della motivazione. Nel secondo caso si fa riferimento alla componente direzionale di orientamento.
Le motivazioni dell'agire, non sono tutte identiche. Una prima grande differenza riguarda la loro origine. Alcuni fattori sono soggettivi, altri oggettivi: ossia che provengono dall'esterno. Un'altra distinzione è l'importanza. 
La fama dello psicologo statunitense Abraham Maslow, è legata alla teoria della motivazione; alla cui ha elaborato una classifica gerarchica. Perchè egli ha interpretato i fattori motivazionali come bisogni della persona.
I vari fattori innescano un complesso processo di attivazione.
Ciò significa che l'individuo percepisce stimoli interni ed esterni, li valuta e stabilisce l'obiettivo.
Lo studioso Julius Kuhl nel 1985 ha distinto due tipi di orientamento motivazionale: l'uno è centrato sull'azione, l'altro sulla situazione. Quest'ultimo è caratterizzato di chi non riesce a passare all'azione.

Fonte: Libro scolastico "EducataMENTE"

Le competenze dell'educatore

L'insegnante, al di là della conoscenza della disciplina che insegna, deve aver acquisito una serie di competenze di carattere psicologico, pedagogico, didattico e sociale.
Anche le modalità di insegnamento e le dinamiche relazionali costituiscono un campo nel quale l'insegnante deve maturare competenze appropriate.
A volte, infatti, si crea una situazione di doppio-legame: indica una situazione di comunicazione nella quale il destinatario due ordini contraddittori e si trova nell'impossibilità di agire.  
Il docente stesso può avere dei disagi, per esempio il bourn out > ossia il sovraccarico emotivo.





Fonte: libro scolastico "EducataMENTE"

Contesti educativi

L'ingresso a scuola determina un mutamento nelle relazioni familiari, che prima costituivano il contesto principale del bambino.
Già la scuola d'infanzia formerà la prima fase del distacco dal nido familiare.
In una famiglia rigida e chiusa, le nuove influenze e i nuovi contesti del bambino, potrebbe provocare un disagio affettivo-relazionale.
Inoltre, il bambino avrà bisogno di altre esigenze come maggior autonomia.
In questo nuovo contesto, i genitori dovranno cedere a una parte della loro guida: in caso contrario il bambino sarà sottoposto a un caso di ipercontrollo.
Il passaggio di contesto familiare e quello scolastico è influenzato dalle caratteristiche della famiglia di provenienza: per la convivenza del gruppo classe è determinante il ruolo dell'insegnante, che deve mirare all'inclusione scolastica.
Ogni alunno si trova dunque in un sovrasistema scolastico nel quale agiscono molte interazioni, articolate i vari sottosistemi.

Fonte: libro "EducataMENTE"

L'insegnante e il gruppo classe

Il dialogo tra docente e allievo è condizionato da molti fattori.
L'immagine che l'allievo ha elaborato dell'insegnante incide sul suo comportamento.
Un ragazzo, è molto sensibile al giudizio del gruppo-classe (un gruppo i cui componenti si influiscono reciprocamente).
Lo psicologo Marcel Postic, rivela che il gruppo classe è caratterizzato da: 

  • un gruppo di bambini o adolescenti
  • un solo adulto
  • rapporti costanti 
  • presenza obbligatoria e finalizzata a uno scopo (istruirsi)
  • ambiente funzionale e attrezzato (la classe)

Anche i rapporti all'interno del gruppo classe sono influenzati da fattori esterni: l'ambiente di provenienza di ciascun studente, l'estrazione sociale, ecc..; tutti fattori che determinano la formazione di sottogruppi.


Talcott Parsons ha tratto la conclusione che esistono due tipi di gruppo classe: il gruppo che accetta le regole e il gruppo che sviluppa un orientamento egocentrico.


Il dialogo educativo dipende da fattori esterni, ma anche dal modo in cui l'insegnante vive il proprio ruolo. 
Secondo lo psicologo tedesco Kurt Lewin esistono tre tipologie di stili relazionali: 

  • guida dominante, la quale decide tutto e non lascia spazio al bambino.
  • guida anti-autoritaria (lassista), che rinuncia al controllo puntando sull'autonomia del bambino, ma privandolo di punti di riferimento.
  • guida autorevole (democratica), la quale prende decisioni insieme agli alunni, rendendoli autonomi e responsabili.